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Raccontare il Taccuino di Giovannino de Grassi in poche parole è come cercare di rappresentare l’universo con un semplice schizzo.

Questo piccolo quaderno, composto da 31 fogli di pergamena dalle dimensioni irregolari e con la copertina in cartone, era un oggetto di uso comune, pensato per essere maneggevole e trasportabile. È una raccolta di disegni creati dalla bottega di Giovannino de Grassi, artista poliedrico del tardo Trecento. Questi disegni, utilizzati come modelli per altre opere artistiche che spaziano tra pittura, scultura, architettura, miniatura, tessuti e gioielli, riflettono la la varietà delle attività di questo artista, testimone e interprete del movimento chiamato Gotico Internazionale.

All’interno del Taccuino troviamo una settantina di disegni, prevalentemente immagini di animali, spesso ritratti in movimento, oppure scene tratte dalla natura o cortesi, tutte accomunate da un realismo sorprendente. Questa attenzione ai dettagli e alla realtà si collega al risveglio delle scienze naturali alla fine del Trecento e propone una prospettiva diversa rispetto ai bestiari medievali. Nella parte finale compare un alfabeto figurato in scrittura gotica minuscola corsiva, con lettere decorate da scene di vita che mescolano esseri umani, animali ed elementi fantastici, che testimonia influenze nordiche, in particolare boeme.

Taccuino di disegni di Giovannino de' Grassi

Anno di realizzazione - fine XIV sec. – inizio XV sec.

La storia del Taccuino è strettamente legata a Bergamo, dove giunse nella seconda metà del Cinquecento, passando tra famiglie illustri, come ad esempio quella dei Licino e dei Tassi, fino alla donazione del conte Leonino Secco Suardo alla Biblioteca Civica nel 1845. Questo gesto rientra in quella “cultura del dono” che contraddistingue la Biblioteca Angelo Mai fin dalla sua fondazione, alla fine del Settecento, quando il cardinale Giuseppe Alessandro Furietti donò la propria collezione libraria personale alla città di Bergamo per realizzare una biblioteca pubblica e civica.

L’apparente semplicità del Taccuino contrasta con la sua rarità e preziosità, che rende necessaria la sua custodia nel caveau di una banca cittadina. Gli studiosi hanno dibattuto a lungo sull’attribuzione dell’opera, inizialmente ritenuta di Lorenzo Lotto, fino a quando nel 1856 Otto Mündler smentì questa ipotesi. Una scritta latina nelle prime carte dell’opera, Iohaninus de grassis designavit, sembra attribuire tutti disegni a Giovannino de Grassi, tuttavia gli studiosi attualmente concordano nel ritenere che solo il primo fascicolo sia stato realizzato dalla sua mano, mentre le altre immagini siano state dipinte da altri artisti della sua bottega.

Il Taccuino è un eterno testimone della bellezza e dell’arte che attraversa i secoli, una delle opere preziose che la Biblioteca Angelo Mai custodisce, protegge e tramanda perché continui a raccontare la sua storia non solo nei nostri giorni, ma anche alle generazioni future. In particolare l’immagine delle dame che conversano e suonano, evoca alcuni versi di una bellissima poesia della poetessa polacca Wislawa Szymborska che, osservando “La lattaia”, un quadro di Vermeer, scrisse: “ Finché quella donna…nel silenzio dipinto e in raccoglimento, giorno dopo giorno versa il latte dalla brocca nella scodella, il mondo non merita la fine del mondo”.

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