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La partitura autografa di Lucia di Lammermoor, in formato oblungo a 24 pentagrammi, possiede un frontespizio in grado di fornire preziose informazioni sulla sua storia. La titolatura originale di Donizetti “Lucia di Lamermoor [sic]| Dramma Tragico | Per il Regio Teatro S. Carlo | Napoli estate 1835 | Parole di Cammarano | Musica di Donizetti” è accompagnata da altre annotazioni, tra cui la dichiarazione di proprietà di B. Girard e C., l’editore napoletano che, insieme al socio Guglielmo Cottrau, acquistò il manoscritto subito dopo la prima rappresentazione dell’opera.

Nel 1935, Giovanni Treccani degli Alfieri, noto fondatore dell’Enciclopedia Italiana, acquistò la partitura da un antiquario napoletano, facendone riprodurre 300 copie in facsimile per preservarne la memoria. Infine, nel 1985, il manoscritto giunse a Bergamo alla Biblioteca Civica Angelo Mai, grazie a una donazione di Aldo Perolari.

Considerata uno dei massimi capolavori del melodramma romantico, l’opera è caratterizzata da un’atmosfera cupa e da forti contrasti, già resi evidenti nel preludio orchestrale. L’intera vicenda, tratta da un romanzo di Walter Scott, è caratterizzata da toni drammatici e intensi, come alla chiusura del primo atto dimostra il celebre duetto “Verranno a te sull’aure”, durante il quale i due protagonisti Lucia ed Edgardo suggellano il loro amore prima di separarsi.

Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti

Anno di realizzazione - 1835

Analizzando la partitura si può intuire il metodo compositivo di Donizetti: una prima stesura delle parti di canto insieme alla linea del basso, che veniva poi completata successivamente grazie all’inserimento di tutti gli strumenti d’orchestra. Questo procedimento risulta evidente grazie alle differenze di inchiostro e calligrafia all’interno del manoscritto.

La scena di pazzia di Lucia nel terzo atto rappresenta il punto culminante dell’intera opera e uno dei vertici della creatività di Donizetti, che eccelleva nel ritrarre figure femminili in stato di alterazione mentale. Un suo elemento distintivo è l’insolito utilizzo della glassarmonica (armonica a bicchieri), strumento dal timbro etereo originariamente qui previsto, ma poi sostituito dal flauto per motivi pratici. Recenti esecuzioni filologiche hanno ripristinato lo strumento originale, esaltando il carattere onirico e inquietante della scena.

Infine, brani come “Tu che a Dio spiegasti l’ali” e il già citato “Verranno a te sull’aure” hanno ispirato celebri fantasie e parafrasi pianistiche di virtuosi come Franz Liszt e Sigismund Thalberg, confermando l’immenso impatto di quest’opera sulla tradizione musicale europea.

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